Dialogo con Maurizio Dallocchio – #6

È un caldo pomeriggio d’estate. L’appuntamento è in ufficio da Maurizio, in zona Piazza Vetra. Daniele e William, che si trovavano con Davide prima dell’incontro, decidono di partecipare alla chiacchierata.

Guja questa volta si gode del meritato riposo nel Wyoming.

Davide

All’interno del design della cura, come ti poni? Perché tu hai un duplice rapporto: un rapporto come insegnante – e uso questa parola per colui che deve lasciare il segno – e un rapporto professionale, perché usi questa tua disciplina all’interno di una professione. 

 

Maurizio

Allora, stimolo molto ricco, molto importante. Cercherò di provare a riassumere alcuni degli aspetti più importanti sui quali mi hai stimolato. 

Io credo che “disegnare” la cultura sia la finalità ultima di chiunque faccia scuola, a qualsiasi livello, per qualsiasi materia, in qualsiasi momento. Che si sia all’oratorio con il sacerdote che ti illustra il Vangelo, che si sia in università a fare un dottorato di ricerca. Perché, nel momento in cui si tracciano i contorni, si definiscono gli elementi di conoscenza, non tanto e non solo per se stesso, attraverso la lettura, attraverso l’approfondimento, attraverso il dialogo con i maestri, ma quando arriva il momento del trasferimento, quando arriva il momento della creazione di una condizione che possa permettere a chi hai davanti di inquadrare all’interno del tuo disegno quello che tu ritieni nodale rispetto alla materia, ai contenuti, alle logiche che vuoi trasmettere, ecco, assumi un ruolo di guida che è quello dell’insegnante.

La responsabilità che è legata al ruolo dell’insegnante rientra nel disegno di quello che l’insegnante vuole trasmettere.

Se non hai un disegno precedente, se non hai un principio che ti ispira in quello che stai facendo, quello che fai potrebbe essere a cavallo fra l’inutile e il rischioso. Rischioso nel momento in cui, molto semplicemente, non avendo un disegno, trasferisci in modo disordinato, disorganico e poco funzionale, rispetto al vero apprendimento, delle idee, delle informazioni, dei dati che non sono organici ma solo mnemonici, non trasferibili. Per cui quello che l’insegnante deve fare è evitare il rischio della disorganicità, deve dare un disegno compiuto che rimane in testa perché è tale, non perché è l’insieme di tanti punti. E poi c’è il dannoso: nel momento in cui il disegno che tu trasferisci è disorganico, disarticolato, non funzionale rispetto ad un obiettivo che non può che essere legato al bene, a quel punto tu trasferisci qualche cosa che potrebbe essere manipolato perché è interpretato in modo soggettivo e come tale deviante rispetto a quello che tu vuoi trasferire. Per cui l’insegnante, quando insegna qualsiasi cosa, a qualsiasi livello, in qualsiasi momento, deve avere la responsabilità di inquadrare, nell’ambito di un disegno ampio, quello che sta dicendo. E questo richiede uno sforzo che va bene al di là della semplice conoscenza. Deve andare molto più profondamente a livello valoriale per costruire qualcosa che sia certamente fondato sulla conoscenza, certamente sedimentato in funzione della competenza. 

 

Davide

Posso aggiungere allora che la parola che completa questo disegno è coscienza

 

Maurizio

Coscienza e consapevolezza.

 

Davide

Ma non esiste coscienza se non c’è consapevolezza. 

 

Maurizio

Sicuramente, tant’è vero che sotto il profilo della coscienza, si solletica il tema valoriale che ho toccato prima. Pensate ai cattivi maestri, che inquadrano in un disegno il loro percorso e il messaggio che trasferiscono ai propri destinatari, agli allievi: lo fanno in modo dannoso. Poi devi essere, sotto il profilo dell’applicazione, di esempio. Il maestro artigiano non può che essere d’esempio. Il maestro di sci non può che essere di esempio. Il professore universitario di molte materie non può che essere di esempio.

 

Davide

Hai parlato dell’artigiano e se l’hai fatto vuol dire che comunque tu nell’anima hai anche un’anima artigiana. L’artigiano non racconta come si fa, ma chi va a bottega vede l’artigiano, di fatti si diceva “rubare” il mestiere. E non a caso si lavorava per mimesi, ossia tu guardi il gesto e cerchi di replicarlo. Questa è una cosa molto interessante perché implica da parte del docente la coscienza che lui ha due linguaggi ben precisi: il linguaggio della disciplina e il linguaggio dell’exempla. Il linguaggio dell’exempla è il linguaggio del corpo, del gesto, del tratto. È un linguaggio che determina un’immagine. 

 

Maurizio

Fammi approfondire questo tema. Nel mondo, un po’ ideale, che stiamo tratteggiando, vi è chi ha un ruolo prevalente nel mondo della speculazione, nel mondo dell’ideazione, nel mondo della creazione del disegno, ma non della sua realizzazione empirica. Il grande pensatore. Il filosofo. Quello che magari riesce a trasferire in modo ordinato dei concetti che però non sa poi concretizzare. E non è detto che questo sia di per sé un cattivo insegnante, assolutamente. Può essere un insegnante che ha nella riflessione, nell’analisi, nell’identificazione dei tratti pesanti del progetto, l’unico scopo della sua esistenza. Poi il trasferimento nel concreto può spettare ad altri. Non è detto che il maestro di sci sia un grande atleta nelle competizioni, non è detto che il grande atleta nelle competizioni sia un buon maestro di sci. Per cui è nelle due vie che vale questa idea.

Ci può essere colui che nell’interpretazione è un esempio vivente, ma non sa costruire in chiave logica il disegno che contorna il progetto. Chi riesce a mettere insieme le due cose rappresenta forse un’eccezione.

Nel rappresentare un’eccezione, rappresenta evidentemente una fonte di ispirazione per chi ha la fortuna di poter avere un contatto diretto con lui o lei. Proprio perché, alla fine non dimentichiamoci, anche la stessa matematica pura ha un’applicazione concreta. Senza la matematica pura non si andava sulla Luna con dei microbyte che adesso ci farebbero sorridere perché probabilmente la capacità di memoria con la quale siamo andati sulla Luna era quella di un Commodore dell’86. Per cui è chiaro che la connotazione empirica di qualcosa che appare super teorico è poi trasferita da chi è capace di prendere la logica del disegno e trasferirla in qualcosa di concreto. Senza Oppenheimer non ci sarebbe stata la bomba atomica, nonostante la conoscenza teorica per la creazione della bomba atomica risalga ai primi del Novecento. 

 

Davide

Per realizzare quello che tu hai detto sulla disciplina e l’exempla, è necessaria una cosa: siccome si va alla ricerca della coscienza, si va alla ricerca della precisione del sentimento che ti anima. Perchè la disciplina è fatta, non solo di nozioni, ma anche di sentire. Il sentimento che ti governa, ti cambia continuamente e tu devi essere in grado di individuarlo e riconoscerlo. La precisione della parola è fondamentale. Più tu sarai preciso nel saper offrire la parola giusta per il sentimento che tu provi, più tu sarai efficace nell’exempla. Aggiungo un’altra cosa: non basta solo essere precisi, ma è fondamentale essere interpreti. L’attore non è importante che sappia a memoria il brano, ma che sappia interpretare quelle parole e trasmettere la sua interpretazione. Perciò tu sei un interprete della disciplina che tu stesso crei. 

 

Maurizio

Io insegno una materia che porta i destinatari della mia conoscenza a lavorare in un certo contesto, sotto il profilo empirico. I miei studenti vanno a lavorare nelle società di consulenza, nelle banche d’affari, nelle grandi aziende prevalentemente. Se io non mi vestissi così, darei ai miei studenti – di qualsiasi età, 19 anni, universitari, 45 anni, membri di consiglio di amministrazione che vengono a chiedermi quali rischi possono assumere – un’immagine che rispetto al luogo dove poi loro andranno a confrontarsi sarebbe sbagliato. Perché se tu entri in una banca, ci può essere la moda delle cravatte eccetera, ma c’è un codice che non è scritto da nessuna parte, ma che è applicato senza essere scritto. 

 

Davide

Del resto, se tu entri in un convento c’è un codice. 

 

Maurizio

Per cui, ci sono certi punti fermi, soprattutto di natura empirica – mentre la conoscenza, mentre tutto quello che è legato al disegno, varia e non può non variare in funzione del sentimento – che debbono essere mantenuti perché rappresentano una sorta di fil rouge che si trasferisce nel tempo. E questo è un punto secondo me essenziale perché chi faceva la mia materia nel Settecento era comunque vestito come me adesso, evidentemente con i canoni del tempo. Ho usato la metafora dell’abito solo per dire che quello che alla fine rileva è l’appropriatezza.

Nell’ambito dell’attività che viene condotta, dopo il design si deve essere appropriati, si deve essere coerenti, si deve essere consoni con quello che si sta interpretando.

L’attore è quello che non soltanto come dici tu, recita sapendo a memoria il Faust, ma interpreta e quando interpreta dà un connotato personale. Il connotato personale è radicato nella coscienza, mutevole in funzione del mutamento dell’umore, ma anche dei tempi, delle esperienze stesse. 

 

Davide

È una “messa in scena”. 

Il malo-umore, i momenti tragici, il dolore, mettono alla prova lo spirito della persona. Questa cosa diventa, per come tu hai detto, alimento positivo? Lo condiziona? Fa parte della condizione dell’exempla?

 

Maurizio

Vedi, qui arriviamo a un tema che ho solo toccato in precedenza, ma che secondo me dovrebbe essere la musa ispiratrice del mondo speculativo e del mondo empirico, che è il bene assoluto. Uno può sbagliare anche la mira, eh, intendiamoci. Sono convinto che in molti deviano coscientemente dal bene perché ritraggono vantaggio dal male. Non c’è dubbio. Ma sono anche convinto che – tu l’hai chiamato alimento positivo, chiamiamolo ottimismo – molti devino dal bene semplicemente perché sono convinti che il bene stia da un’altra parte rispetto a dove, oggettivamente, è. Per cui c’è anche la deviazione inconsapevole. Ma che chi insegna possa lasciarsi sporcare nella sua trasmissione del grande disegno, del progetto, dal malo-umore o dalla situazione contingente, questo fa parte di quello che prima avevo definito il rischio. Però

se tu hai la volontà di trasferire nell’ambito di un disegno un progetto, il progetto non può che ispirarsi al bene.

Almeno per quello che per te è il bene. Per cui inquinare il disegno, che è la componente più importante della progettualità di chi insegna, con la contingenza di un elemento negativo può succedere, ma è quello che un bravo insegnante dovrebbe essere capace di scrollarsi di dosso. Non sto dicendo che tu possa sempre ignorare la negatività, ignorare l’esperienza negativa, ignorare quello che magari ti porta il malo umore. Però, se tu permetti ad una contingenza negativa di allontanarti dal bene, non sei un buon insegnante. 

 

Davide

Ogni volta che tu insegni, la prima persona a cui insegni – se sei vero – è te stesso. Quante volte, in certi stati ottimali, ti lasci andare e quell’argomento che avevi davanti diventa una dissertazione che stupisce te stesso? E il disegno aumenta perché tu hai messo un elemento in più.

 

Maurizio

Io, quando insegno, costantemente penso a cosa penserà colei o colui che sta sentendo. Sempre. Questa è la regola principale. Mi chiedo quale livello di interesse, condivisione, volontà d’ascolto possa sollecitare quello che sto dicendo in questo momento. Infatti la prima persona alla quale parli quando stai insegnando sei te stesso. Stai parlando a te stesso. Sei convinto, sei soddisfatto, sei orgoglioso di quello che stai dicendo? Se la risposta è sì allora nasce tutta una serie di stimoli consequenziali che ti aiutano a rimodellare il tuo stesso pensiero sulla base anche di quello che capisci essere il livello di consenso – che non deve essere ricercato, puoi anche fare dissenso. Quante volte parliamo di politica e non ci troviamo allineati? Quante volte parliamo anche di casistiche della vita sulle quali non abbiamo la stessa visione? Anche nell’ambito del dissenso trovi nutrimento per poter alimentare il tuo pensiero e trasferirlo. Soprattutto, è lo stimolo. Io credo che questo costituisca un punto fondamentale per chi insegna. Perché

il fatto di saper riconoscere il dissenso facendone tesoro e, se sei nel bene, trasferendolo in un ragionamento più raffinato, più comprensibile, più condivisibile ecco, quello diventa un valore aggiunto che passa attraverso l’autoapprendimento.

Saper riconoscere il disappunto, lo sgomento, è un valore straordinario. 

 

Davide

Secondo te lo spettatore a teatro che davanti ha Laurence Olivier o davanti ha Von Karajan è attivo o passivo?

 

Maurizio

È sicuramente e costantemente attivo. 

 

Davide

Assolutamente. Si è passivi quando si è indifferenti.

 

Maurizio

Qua arriviamo ad una categoria logica superiore. Il maestro, l’insegnante, di una categoria logica superiore, percepisce immediatamente se il suo disegno non è compreso, percepisce immediatamente se addirittura sollecita ostilità. Perché a un certo punto nasce l’ostilità se il progetto che tu stai trasferendo è un progetto che provoca dialettica cattiva anziché dialettica attiva. 

 

Davide

Tu ti reputi un insegnante che pratica discipline scientifiche?

 

Maurizio

No: il mio ruolo è quello di trasferire delle discipline che hanno un forte contenuto numerico, ma non scientifico. L’economia è una scienza sociale, per cui il risultato dell’applicazione economica lo riscontri nella qualità della vita sociale. Il mio compito è utilizzare discipline che hanno radice scientifica per ottenere dei risultati che sono sociali e non necessariamente come tali di natura scientifica.

Nel mondo della medicina c’è il chirurgo e c’è l’ingegnere che disegna il pacemaker. Il mio ruolo è impiantare il pacemaker, ma io non faccio il pacemaker – non è questo il mio obiettivo. Il pacemaker lo fa qualcun’altro che ha competenze scientifiche, io sono più chirurgo, che ingegnere.

 

Davide

La tua disciplina, essendo una disciplina sociale, ha a che fare sicuramente con un concetto di ars. Del resto noi oggi consideriamo come disciplina scientifica certe ingegnerie – la fisica, la matematica ad esempio – ma erano arti: ars matematica, ars fisica. L’uomo non ha mai abbandonato questo concetto di ars per cui ha sempre sentito in se stesso che l’elemento creativo, l’abbandono, l’essere strumento in mano a un ente superiore, era la cosa fondamentale. Non a caso lo stesso Einstein ha, in un momento di abbandono, una visione in cui concepisce lo spazio come fluido.

 

Maurizio

È talmente vero quello che tu dici sull’ars della materia economica nel senso più generale del termine, che vi porto una riflessione su che cosa sia la scienza e che cosa sia l’utilizzo della scienza ai fini dell’ottenimento di risultati che sono misurabili con l’ars. Il mondo della scienza è il mondo della chimica: tu prendi due particelle di idrogeno e una di ossigeno e fai l’acqua, non c’è ombra di dubbio, è una regola matematica. Nel mondo dell’economia, chi ti dice che se spendi 100 euro di pubblicità ottieni la stessa visibilità in tutti i casi, per tutte le ricette? Che se hai 10 persone con quoziente intellettivo di 170 avrai una buona azienda, mentre se hai 10 persone con quozienti intellettivi diversi avrai un determinato risultato? Non te lo dice nessuno, non c’è una replicabilità scientifica tale per cui il mix di una certa serie di ingredienti ti garantisce di ottenere un certo reddito. Allargo dall’azienda allo stato: se fosse possibile dire che se svaluti la moneta del 5%, o se introduci delle imposte fantasmagoriche del 50%, migliori la situazione economica della tua nazione, tutti lo farebbero. Invece non c’è nessun meccanismo consolidato, codificato, scientifico: è ars, è interpretazione, è lettura soggettiva, che passa attraverso la conoscenza e l’esperienza di un bravo economista, di un bravo manager di impresa. Pensate che la formula forse più consolidata nel mondo dell’economia e della finanza, che è una formula che lega la redditività delle imprese al livello di indebitamento, ha fatto morire migliaia e migliaia di imprese nel mondo, perché si dimentica di una serie di elementi di variabilità che entrano nella formula e che non sono codificabili.

 

William

Sono circostanziali.

 

Maurizio

Esattamente, dipendono dal momento in cui vengono utilizzati. Per cui ars tutta la vita! Nulla di scientifico, se non la base cognitiva.

 

Davide

La base cognitiva mi interessa moltissimo: costante conoscenza, per cui costante attenzione, costante coscienza. Tutta questa costanza, tutta questa tensione porta a un’evoluzione della coscienza di te stesso che coinvolge tutto: ti coinvolge mentre sei lì, ma ti coinvolge quando andiamo a mangiare assieme in un ristorante ad esempio.

 

Maurizio

Questo sicuramente ed è quella componente di soggettività che fa sì che si tratti di ars e che non si tratti di chimica o di fisica.

 

Davide

Ma allora, se si tratta di ars, l’artista ha questo di straordinario rispetto all’altro: non divide la vita. Per lui tutto il processo vitale è esperienza. Non c’è il momento sacrale: tutta la vita è sacra, anche il radersi può essere un momento di cognizione dell’universale.

 

Maurizio

Sono d’accordo e questo però può invadere anche il mondo realmente scientifico. Vi faccio un gioco divertente: vi scrivo due formule matematiche, una di natura fisica, una di natura economico-aziendale. Quella di natura scientifica ti porta sempre ad un risultato certo; quella di natura economico-aziendale ti porta ad un risultato numericamente certo, ma talmente condizionato dalle situazioni contingenti che, in realtà, è sempre falso. Prendiamo la formula fisica del moto accelerato: se tu prendi una palla e la lasci andare da un’altezza di 10 metri o dalla cima dell’Empire State Building, sei in grado di determinare, con certezza, cambiando le variabili di questa formula, a che velocità scenderà, qual è la velocità con cui impatterà il terreno, lo spazio che percorre se lo fai andare per 5 minuti, piuttosto che per 3 secondi. Sei in grado di determinare tutto con certezza, non c’è una flessibilità. Questa è scienza.

Poi c’è la mia materia. Prendiamo ad esempio la formula della leva finanziaria, che calcola la redditività rispetto al livello di debito e ritorno operativo. Una formula scientifica? Assolutamente no. È una formula, ma chi ti dice che il costo del debito rimanga costante? Chi ti dice che la redditività operativa nel tempo di una società rimanga sempre lo stesso? Chi ti dice che il ROE sia realmente uguale a questa formula? Altri elementi banali: chi ti dice che, se il debito arriva a scadenza, ti venga rinnovato? 

Questa è una formula matematica, esattamente come l’altra, solo che quella di prima è scientifica, questa è sociale. Dipende da mille elementi che vengono a caratterizzare ciò che l’economista o l’aziendalista deve sapere. L’interpretazione di questa formula è assoggettata all’arte, alla conoscenza raffinata di azioni e reazioni, all’interpretazione dell’attore sociale. L’altra è legata esclusivamente alla conoscenza, è legata esclusivamente al mondo della scienza. Ed ecco perché la mia è una materia non scientifica.

Il mondo della scienza è imprescindibile perché se tu non conosci questi aspetti non sei in grado di essere attore del progresso. Questa è la condizione necessaria per poter operare a livelli dove l’ars sia essenziale. Condizione necessaria, ma non sufficiente. La scienza da sé non dà un incremento della qualità della vita degli individui, non può da sé generare il bene. Quando il signor Nobel inventa la dinamite, sotto il profilo scientifico fa un’opera mirabile, sotto il profilo sociale fa un’opera discutibile. Questo è il passaggio fra la scienza che è al servizio della società e l’applicazione di quello che la scienza offre, che non può che passare attraverso una interpretazione che è destinata al mondo della civitas, a noi. 

 

Davide

Il sentimento fondante di tutto questo è la credibilità. La cura si fonda sulla credibilità: se io vado da un medico, anche se lui pratica “la scienza”, si chiama Ars Medica. Se lui non interpreta, non capirà mai niente, perché il medico è del corpo, ma se non capisce lo spirito non va da nessuna parte. Pensaci un attimo: deve applicare “conoscenze scientifiche” con arte. Sennò sarebbe un pessimo medico.

 

Maurizio

Sai, altrimenti, a livello di cardiologi, Barnard e Cooley sarebbero stati uguali a Pincopallo, invece non lo sono. Tutti operavano al cuore. 

 

William

Leggevo proprio ieri su un articolo che lo stato di coscienza può modificare, dettare, cambiare la struttura del nostro DNA, in base all’umore.

 

Daniele

Luca Calabrese, tutto l’iter di rinnovamento dell’ospedale di Bolzano l’ha proprio fatto su questo, sul tema che anche nella cura lo stato d’animo del paziente è fondamentale.

 

Davide

Per questo l’uomo ha sempre cercato di allontanare il dolore, l’ira, perché si sentiva modificato.

 

Maurizio

Per me Tesla è l’esempio lampante. Come può essere scientifica una materia che ti porta a non riuscire a giustificare razionalmente. Tesla, nel momento di massimo splendore, ma anche oggi, rispetto al fatturato che realizza, vale all’incirca 10 volte tanto. Tu compreresti un ristorante pagandolo 10 volte il suo fatturato? Leonardo, che è l’azienda tecnologica italiana della difesa forse più raffinata, la pagheresti 10 volte il fatturato? No. Eppure, in questo momento, Tesla vale 10 volte il fatturato. Sempre per rimanere nell’ambito di aziende tecnologiche, Nvidia, che è un processore, vale 35 volte il fatturato.

 

Davide

Da dove viene questa visione immaginifica? Chi decide questo?

 

Maurizio

Il mercato.

 

Davide

Ma il mercato non può avere anche dentro i germi de “Il re è nudo” a un certo punto?

 

Maurizio

Ottima domanda. La mia risposta è sì, e la risposta parallela è spero di no. Allora, se qualcuno urlasse, e io lo sto dicendo da largo tempo, che il re è nudo, cioè che le aspettative sono del tutto inconsistenti con la possibile realizzazione, perché prima che una società che vale 35 volte il fatturato possa raggiungere un livello di fatturato tale da poter giustificare la sua quotazione odierna, passerà talmente tanta acqua sotto i ponti che forse addirittura la tecnologia di cui è padrona Nvidia non ci sarà più o non sarà più rilevante. Per cui il re è nudo. 

Perché dobbiamo sperare che nessuno si accorga che il re è nudo? Perché se domattina ciò accadesse, il problema sarebbe per tutti noi, perché Nvidia in questo momento vale in borsa tanto quanto due volte il PIL dell’Italia. Allora, immaginati lo sconquasso globale che deriverebbe se un’azienda che vale due volte l’Italia dovesse essere dimezzata di valore. Vuol dire che in un istante hai fottuto più o meno metà del risparmio di tutto il mondo di un anno, con una società. Per cui, speriamo che nessuno se ne accorga. Se dovesse succedere, sarebbe la tragedia più grande del mondo perché mandi in malora un intero sistema. 

 

Davide

Noi spesso nella vita, anzi proprio per dare un senso, usiamo la parola concreto. Ma Baudrillard dà una definizione molto sofisticata di questa parola. Baudrillard dice che “concreto” viene da cum-credere: se le cose sono cum-credute, diventano cum-crete. Perciò è un atto di fede il mercato.

 

Maurizio

Correttissimo. Tutti credono, o fingono di credere la stessa cosa. 

 

Davide

Questo è interessantissimo.

 

William

Più fingono di credere che credere?

 

Davide

A un certo punto fingi talmente tanto, che ci credi davvero.

 

William

Esatto, cioè vorrei capire questo.

 

Maurizio

Ma sai, quando vado in classe e faccio vedere certe cose che la gente giustamente non conosce, tante volte vedi anche persone di altissimo livello di conoscenza nella materia economica che rimangono sbalorditi, perché quando gli dici che Nvidia vale 35 volte il fatturato, non lo sanno. Quando ti dico che le prime 20 società per capitalizzazione di borsa tecnologiche al mondo, tutte valgono più di 10 volte il fatturato, le prime 20, a un certo punto, se non c’è addirittura un’autoconvenzione dei mercati, il rischio è enorme. Nvidia è una, pensate se le prime 20 venissero dimezzate per due. Crollano tutti i mercati.

 

Davide

Ecco, questo sarebbe molto interessante. Quando si dice che sono stati bruciati 300 miliardi, ma dove vanno a finire? Non sono stati mica bruciati.

 

Maurizio

No, non si brucia niente. Quando il mercato sale del 5%, hai creato 10 mila miliardi? No, non hai né bruciato, né creato. I mercati salgono e scendono, esprimono una valorizzazione che oggi è più 2, domani è meno 2. Ma non bruci e non crei, non disturbiamo parole che non hanno senso. Il mercato ha espresso una valutazione. E oggi esprime 100, domani 102, dopodomani 97. Ha espresso un valore.

 

Daniele

Sul tema statale ad esempio, convenzionalmente in tutto il mondo occidentale utilizziamo il dollaro come moneta di riferimento. Storicamente il dollaro era ancorato sul valore dell’oro, quindi aveva una sua stabilità, perché, teoricamente, doveva essere supportato da delle riserve auree. Questa cosa, a un certo punto, si è rotta.

 

Maurizio

Sì, la prima crepa è Bretton Woods 46.

 

Daniele

Quindi parliamo di 80 anni fa. La cosa che mi ha sconvolto non è la crepa, ma  che noi, nel 2020, abbiamo visto un’immissione di moneta pari, se non sbaglio, alla metà di tutta la moneta che era stata stampata dagli Stati Uniti.

 

Maurizio

37%.

 

Daniele

37%, quindi un terzo. Non è che hanno trovato una miniera sotto Washington. Quindi anche il valore della moneta su cui tutti ci agganciamo è un fatto di convenzione.

 

Maurizio

La moneta, il dollaro come l’euro, è un bene. Un bene fungibile, come questo biscotto. Allora, che cosa fa il valore di una moneta? Quanto di quella moneta c’è in circolazione. Se di questi biscotti ce ne fossero 750.000 miliardi, il valore di questo biscotto sarebbe zero. Perché sarebbe disponibile per tutti. Per cui non varrebbe niente. Ora, siccome la moneta è esattamente come qualsiasi altro bene, quando ce n’è troppa perde valore. Per cui quando leggete che il dollaro ha perso valore rispetto all’euro, molto semplicemente è perché il mercato si è accorto che di dollari sul mercato ce ne sono tanti. Quando c’è sovrapproduzione di petrolio, cosa succede al prezzo del petrolio? Che va giù. Cosa ha fatto l’OPEC negli anni? Ha cercato di ridurre la produzione di petrolio nel mondo per farne aumentare il prezzo. Quando tu invadi con i diamanti africani il mercato dei diamanti, il prezzo dei diamanti scende.

La moneta è un bene, come tutti gli altri. Se ce n’è troppo, perde valore. Se ce n’è poco, cresce di valore.

In questo momento i dollari, come tu dicevi, sono stati rovesciati sul mercato e il prezzo del dollaro, cioè il suo valore, è sceso. Perché ce n’è troppo.

 

Davide

È molto interessante, veramente molto interessante. Tu sei stato soddisfatto? 

 

Maurizio

Moltissimo. Un discorso di raffinatezza totale. Poi fra l’altro tanti stimoli. Scienza, non scienza. Scientifico, non scientifico. Disegno. Sono tutte cose che mi porto a casa. 

 

Davide

Sì, anche noi.