Per questa occasione siamo andati in Trentino, invitati da Harald nella sua casa. Al pranzo ci hanno raggiunti anche i figli Aaron e Noah, con cui Harald parla in tedesco, la sua lingua madre. La tavola è imbandita con le mille varietà vegetali del suo orto, trattate con cura dalla moglie Petra.
In sottofondo, il canto del gallo.
Davide
Che differenza c’è secondo te tra il “prendersi cura di” e la “sostenibilità”?
Harald
Davide, l’ultima volta che ci siamo visti mi hai dato il libro (n.d.r. il volume 0 del Design della Cura) e quando sono tornato, in quelle 5-6 ore sul regionale, ho letto tutto. Logicamente non ho capito tutte le parole, ma ho capito il senso.
Davide
Hai capito sicuramente il tema fondamentale che è il tema del prendersi cura delle cose.
Harald
Sì. Ed è proprio bello che ognuno abbia la sua cura di una cosa. Tante cose diverse, ma tutte riunite insieme. Dovrebbe essere sempre così, non solo nel libro.
Davide
Certo, giustamente.
Noi abbiamo fatto questo viaggio innanzitutto per il piacere di stare insieme, e perché la vera domanda è: che cosa vuol dire prendersi cura, come fai tu, della terra? Quando dico “della terra” intendo di tutto ciò che abita la terra. La terra viene abitata – a parte gli umani – dai vegetali, dagli insetti, dai microbi, dagli animali, dagli uccelli, dalla pioggia, dal sole, dal vento, dalla grandine. È abitata da tantissimi soggetti animati e inanimati, ma anche quelli inanimati sono animati.
Harald
La grandine è animata, ha dentro energia. Anche se a me rovina tutto, alcune colture dopo la grandine crescono meglio. È quasi come fosse concime. Anche in primavera quando nevica – perché può succedere che qui nevichi ancora a inizio maggio – fa “boom”!
Non so perché. Però questo lo dicono anche i vecchi: è come concime. La grandine ad esempio per i pomodori non è concime, però la carota, la rapa rossa, esplodono! L’ultima grandinata che c’è stata, fortissima, era il 21 giugno 2017: sono uscito di mattina e non si vedeva niente. Era tutto verde, come se fosse appena stata tagliata l’erba: non c’era più nulla, i pomodori completamente spaccati. Io ero frustrato, mio padre era scioccato. Dopo una settimana però i pomodori sono cresciuti quasi mezzo metro! In una settimana! Le carote erano spaziali, più grandi che mai. Non so cosa ci sia nella grandine, non sono un chimico. Ma funziona. È sempre così: si rinasce dalla rovina.
Davide
E questo ciclo del rovinare è un ciclo di armonia.
Harald
Sì, lo deve essere. Una cosa viene tolta e un’altra arriva, è sempre un cerchio.
Davide
È come il giorno e la notte: la notte toglie la luce e il giorno la riporta.
Raccontami bene come cambiano tra la notte ed il giorno per esempio certi vegetali, certi insetti.
Harald
Di giorno è energia, si lavora, si fatica. Di notte gli insetti cambiano: quelli che hanno lavorato di giorno, come le formiche, sono dentro, sono lenti e dormono, non li vedi andare in giro. Io non volevo lavorare di notte, ma dovevo perché di giorno facevo l’assistente sociale, e tenevo l’orto come hobby. Una notte stavo lavorando per tirare via le erbacce. Con la coda dell’occhio vedo qualcosa che va così veloce che pensavo fosse un serpente. Io non ho paura, però non devo vedere i serpenti, non è una cosa piacevole. Erano lombrichi! Velocissimi come i serpenti. Anche le lumache di notte sono più veloci e hanno meno paura, passano vicino a te come se fossi tu una statuetta, se ne fregano di te perché vanno a lavorare. E là ho scoperto che noi vedremo tutto sempre così, limitato.
Devo dire che non ho mai avuto grandi problemi con gli insetti. L’unico problema che ho nella cura dell’orto, è la mia testa.
Davide
Vale a dire?
Harald
Perché non penso sempre come loro. Gli insetti mi fanno vedere che ho sbagliato. Quando un insetto attacca una specie, la senti come un’aggressione: la colpa è dell’insetto. E dopo un po’ di anni ho scoperto che non è colpa degli insetti. Ho sbagliato io e gli insetti mi fanno vedere “no, così non puoi fare. Adesso andiamo su noi.” E con quello imparo. Questa è la cura che ho deciso di seguire: imparare da loro. E ho visto che non solo imparo, ma ricevo anche.
Venti anni fa, quando ho iniziato, avevo problemi. Perché non capivo nulla. Sono arrivati anche degli agronomi per darmi dei consigli. Sai cosa mi hanno detto?: “con quel terreno non puoi fare la verdura. Devi mettere il melo.” In quel momento la terra era dura. Quando tiravo via le erbacce, mi facevano sempre male le dita. Ma la natura si adatta a me. Adesso ho un terreno morbidissimo, non metto più neanche i guanti.
Sono convinto di questo: se io do alla terra, la terra da a me. È una cooperazione, un vivere insieme. E così non si rovinerà mai nulla.
Certo ci sono sempre alcuni errori che faccio.
Davide
La conoscenza non finisce mai.
Harald
No. Non finisce mai e cambia tutto. Cambia l’ambiente, cambia il clima. Cambia sempre. Cambiano anche gli insetti. Arrivano altri insetti. È sempre un andare, però è sempre un andare insieme.
Davide
Ed è per questo che non puoi più andare via. Devi stare con loro.
Harald
Sì. E se vado via, rimane qua sempre la testa. Altrimenti non riesco. Per esempio siamo stati tre giorni in Sicilia, poi basta. Non riesco a staccarmi totalmente, come tanti fanno quando vanno in ferie. Non ho neanche la voglia di staccare. E se mi stacco un po’, dopo arriva la mancanza. Perché in verità sono sempre qua.
Tra l’altro sono convinto che, se uno vede il mio orto, conosce me. Perché qua dentro c’è la mia anima. È tutto insieme. E di questo me ne sono accorto con Lorenzo, un ragazzo che è stato qua a vedere, a imparare. Poi è tornato a Roma, ha comprato un terreno e ha iniziato. Gli ho mandato i semi, mi teneva aggiornato, eravamo sempre in contatto. Dopo alcuni anni sono andato da lui – ci ho messo cinque anni ad andare a trovarlo. Quando sono arrivato, dall’alto vedevo il suo orto giù a valle – il suo posto è a 80 km dalla città. E ho detto: “No, ha imparato questo da me?!”. Totalmente un altro orto. Quando però ho visto tutte le spezie, i vegetali, mi sono accorto che era molto simile. La filosofia, il pensiero, il lavoro, erano uguali. Però era il suo. Per questo dico sempre che non è “giusto” quello che faccio io. Chiunque si prenda cura della terra, e lo fa con il cuore, lo fa nel modo giusto. Se funziona. Se non funziona, deve cambiare un po’. E ogni anno devi cambiare.
Però siamo tutti uguali. Tutti noi che ci prendiamo cura della terra, siamo tutti della stessa anima. E per me quello è fondamentale per la produzione del cibo. Perché io sono sempre più convinto che non mangiamo solo carboidrati, grassi e minerali. Mangiamo quello che ha vissuto. L’anima. E quella nutre noi.
Davide
Questo che dici è una cosa molto importante. La gente oggi mangia carboidrati, grassi, proteine, minerali, perciò non mangia più. È un’altra cosa. Difatti non è più attenta, per esempio, ai sapori. E pensa a questa bellissima parola, sapore – sapere. Dai sapori tu sai, conosci. Perché la differenza dei sapori ti porta a sapere. Quando assaggi e pensi buono o cattivo, già crei differenza. Ma il sapore è l’inizio della conoscenza dell’anima di quello che stai mangiando.
Harald
Sì, e io l’ho visto con Petra, mia moglie. Petra ama le carote, ne abbiamo circa 20 tipi diversi. Ed è strano, ogni tipo di carota ha il suo gusto, la sua croccantezza, il suo sentimento. Petra ama quella svizzera, Küttiger Rüebli – Küttiger è la località, Rüebli è la carota in Svizzera. È bianca, poco zuccherina e ha il gusto un po’ di terra, come la rapa rossa. Abbiamo fatto una prova 20 anni fa coltivando insieme diverse tipologie di carote e gli ho messo il concime. Il risultato è stato che Petra non riusciva più a distinguere il gusto delle carote – normalmente lei quando mangia una carota, è in grado di riconoscerla senza guardare. In quel caso non riusciva più. Vuol dire che tutto quello che noi facciamo per aumentare la produzione, la prima cosa che fa sparire è il sapore. È la prima cosa che svanisce. L’anima se ne va, così come il gusto.
E questo me l’ha fatto vedere anche un cuoco d’Alessandria, il primo a cui ho fornito le verdure in Alessandria – non sapevo neanche dove fosse. Gli ho mandato delle carote, ma per tre settimane non ho saputo nulla. Poi mi scrive “ah, i tuoi prodotti sono vivi!”. E io, come un ignorante, pensavo ci fossero i vermi. Perché può capitare, io non lo vedo se ci sono le uova o un piccolo verme, magari lui le ha lasciate un po’ in cella e poi sono venuti fuori tutti i vermi. Così l’ho chiamato. Mi ha spiegato che aveva dimenticato in cella sia le mie carote che quelle industriali in acqua: quelle industriali hanno cominciato a marcire, le mie si sono gonfiate. Le mie quindi erano ancora vive, le altre erano già morte. Questo vuol dire che siamo abituati a mangiare cose morte. E non siamo come quegli uccelli che mangiano solo le carcasse.
Guja
Gli avvoltoi.
Harald
Noi non siamo fatti per quello. Noi dobbiamo mangiare cose vive.
Davide
Bisogna mangiare vivo per essere vivi.
Harald
Sì! Per stare bene, per buona energia. E sono sicuro che se mangiassimo tutti così, servirebbero meno medicine, meno dottori, meno psichiatri. Se noi mangiamo sempre carne depressa, non possiamo pensare di diventare allegri, al contrario!
Davide
Raccontaci bene questo concetto della carne depressa.
Harald
La carne industriale.. Conoscete la razza Blauer Belgier? È una razza che è stata creata forse per caso, negli anni ‘80 mi sembra. È cresciuta praticamente con un cambiamento del cromosoma. Come negli umani i ragazzi down. Adesso hanno visto che quella mucca produce tantissima carne e hanno permesso la riproduzione, che però non può avvenire in natura, vanno assistite, ci deve essere un parto cesareo. Mettono quelle mucche in una stalla, dalla quale non riescono ad uscire, ricevono da mangiare ma le danno solo proteine per pomparle. Sono sicuro che queste mucche sono depresse.
Mio papà aveva le mucche da latte e vedo adesso il cambiamento. Io ho quelle selvatiche e sono due cose diverse. Le sue non avevano più il senso sociale, non riuscivano più a comunicare, non si capivano tra di loro e non facevano capire a te. Se con le mie sei antipatico te lo fanno capire, ti dicono di andartene o ti attaccano. Alcuni anni fa ad esempio è venuto il veterinario. Lui non aveva paura, ma l’ho avvertito: “se non esci fra cinque secondi, ti attaccano”.
La mucca di una nostra dipendente, Laura, ha partorito su in baita. In quel momento però una lince lì vicino ha visto il parto e ha attaccato e ucciso il cucciolo. La mamma spaventata se n’è andata, gridava, andava a cercarlo. Era il suo primo parto. L’anno successivo ha partorito di nuovo, sempre su in baita, ma è corsa via dal vitello perché per lei era normale fare ciò che era successo l’anno prima. Li abbiamo riportati qui, ma non sapevamo cosa fare. Qua c’erano altre due mucche che erano già mamme, un nostro dipendente ad un certo punto ha visto che quelle due mucche hanno spinto la mamma sul muro e l’hanno bloccata così che il piccolo potesse andare a succhiare per mangiare: quelle anziane le hanno insegnato cosa doveva fare. Se ripenso a quel momento mi viene ancora la pelle d’oca. È una cosa sociale e questo manca.
Petra
Spesso manca anche agli umani.
Davide
E qual è la cosa che vi piace di più come cura?
Noah
Le galline.
Petra
Lui è appassionato di galline. Nella sua stanza ha un poster delle galline, mica quello di un calciatore.
Aaron
Le mucche o gli asini.
Guja
Gli asini anche a me piacciono un sacco. Gli asini e le galline sono i miei animali preferiti. Non me ne intendo sicuramente quanto voi però.
Harald
L’importante è che prendano la filosofia della cura. Quello è importante. Per il resto c’è la passione.
Davide
Questo è un punto fondamentale. Il tema della passione. Perché il vero tema della cura è l’amore. E l’amore, dunque la cura, si manifesta attraverso la passione. Poi ci sono cose più forti e meno forti. La passione è la temperatura dell’amore.
Harald
E ti dà la forza di proseguire anche quando ci sono momenti difficili. Quelli arrivano di sicuro, sempre.
Petra
Oggi nessuno è più abituato e crolla. Tutti i giovani crollano subito.
Guja
È verissimo, questo è molto importante.
Petra
Lui ci ha ringraziato ultimamente (n.d.r. riferendosi a Noah). Ci ha detto “grazie di essere così severi con noi”. Perché gli altri crollano subito.
Davide
Sai che hai detto una cosa molto importante.
È la tempra. Come il metallo che si tempera, è la stessa cosa. La fermezza è una continua interpretazione della vita. Chi non è fermo, chi lascia che vada così, non interpreta la vita. Non sa capire la vita.
Harald
Sono sicuro che per questo motivo tanti agricoltori, quando hanno un problema, prendono qualcosa di chimico e lo buttano. Non si chiedono come mai sia successo: perché mi è successo? Cosa devo cambiare? Non mettono più la passione.
Davide
Una volta non era così.
Harald
No, dovevano arrangiarsi. Non c’era il concetto di prendere un’altra cosa. Non avevano la possibilità. E non potendo prendere un’altra cosa, hanno sofferto la fame.
Davide
A proposito di fame, vorrei ritornare all’aneddoto delle due mucche vecchie che hanno spinto la giovane a nutrire il piccolo.
Petra
Le hanno dato un insegnamento, no?
Harald
Sì, però spinta al muro con le corna appuntite nella pancia, temevo che si facesse male perché la spingevano tanto che non riusciva più a muoversi. Ma poi è arrivato il piccolo ed era tutto fatto. Vedere le dinamiche tra di loro, l’educazione dei piccoli, è incredibile.
Con le api ad esempio c’è un grande problema, io lo vedo sempre di più: sono tutte dipendenti dall’uomo. Le nostre qua sono fuori. La carnica, che poi non era neanche la nostra, è stata “fatta”, perché in Italia c’è la ligustica.
Davide
E l’ape nera sicula.
Harald
L’ape nera sicula è quella al sud. Anche da noi esiste l’ape nera, solo che nessuno la tiene perché fa poco miele.
Davide
Ma è quella “vera”, è quella che supera qualsiasi situazione perché ha più di 500.000 anni e ha passato tutto. Ho visto gli allevamenti in Sicilia dove le hanno salvate, sono incredibili: docili, rustiche. Fanno poco miele, ma ho assaggiato dei mieli meravigliosi.
Harald
Io avevo le api, ho fatto il corso che è obbligatorio. Durante il corso, dicevano che adesso hanno inventato una cosa perfetta: la fertilizzazione artificiale. Ne erano tutti convinti. “Ok, va bene. Ho solo una domanda – e da quel momento il corso per me era quasi finito, perché lui non mi voleva più avere dentro – mi puoi dire il negativo di questa scoperta?”. Lui mi disse che non esiste, cosa ancora più stupida. L’ho imparato con le mucche del mio papà, l’inseminazione artificiale è il più grande problema: è fuori natura. Certo, puoi fare da un toro 20.000 figlie, però crea problemi. Non c’è solo il positivo, c’è sempre anche il negativo. Per quello adesso tanti contadini possiedono un toro.
Non impariamo, dico sempre che siamo disabili proprio perché non non impariamo. Comunque dopo il corso ho preso tre popoli di api. In primavera il popolo andava abbastanza bene, il ciliegio in fioritura era bellissimo, pieno. Però guardavo dentro le arnie e non capivo cosa stesse succedendo, non stavano bene le api. Ho chiamato lo zio – un vecchio agricoltore del paese – e gli ho chiesto di venire a vedere. È venuto, ha guardato e ha detto “adesso devi dare lo zucchero, altrimenti moriranno di fame”. Io non potevo crederci, con tutti i fiori che ci sono intorno. Le api però sono così abituate a ricevere zucchero, che senza non sanno più cosa fare. Così ho dovuto dargli acqua e zucchero.
In agosto, dopo la raccolta del miele, c’è sempre un incontro di tutti gli apicoltori del paese. Io ero contentissimo, avevo tre popoli di api e ho ricavato mi sembra 7-8 kg di miele. Quando arrivo, incontro un produttore e mi chiede come fosse andata. Gli dico che è andata bene, tutto entusiasta. Anche lui mi dice bene, così gli chiedo quanto miele avesse tirato fuori: 25 kg per popolo! Io ho detto “ma cosa fa un’ape con 25 kg in un anno?! Non deve nutrire un elefante!”. E dopo mi hanno raccontato: quando piove ad esempio per tre giorni, loro danno da mangiare attraverso il “buco” perché le api con la pioggia non possono uscire. Così lo zucchero va a finire nel miele. Io non voglio lo zucchero. Dopo tutta quella esperienza un po’ strana, ho fatto una prova: ho cercato l’ape nera che si trova qui al confine con la Svizzera, mi sono portato la regina e ho visto già un cambiamento perché quella quando pioveva ha smesso di deporre le uova. La nostra qua continua! Se in natura la regina depone le uova anche quando piove, cosa vuol dire? Che uccide tutto il popolo in una volta, tutto! Perché il popolo non riesce più a nutrire tutti, però prova, e muore di fame. La regina deve fermarsi quando piove, così il popolo si occupa di quello che c’è, riesce a sopravvivere in quel periodo e dopo ricomincia. Allora ho provato una cosa: ho qua il popolo che a luglio è pieno di miele, prendo tutte le arnie e le porto su in baita. Le ho portate su e in primavera erano tutte morte. Dentro c’erano 20 kg di miele, ma erano tutte morte. Ho chiesto e mi hanno detto che erano morte di fame: non riuscivano più a mangiare il loro miele perché erano abituate a mangiare l’acqua zuccherata!
Davide
Ma non ci posso credere, è terribile.
Harald
È la stessa cosa con le mucche da latte di mio papà.
Qua ho conosciuto un apicoltore delle Marche, che adesso vive in Umbria. È un apicoltore normale, con tutte le cassette tipiche, ma che aveva problemi legati a quell’agente chimico contro il lavoro. Allora ha fatto le case con il letame e la paglia e le ha messe sugli alberi, lasciandole selvatiche. Mi ha detto “ovvio, il popolo non è più come prima. Prima ne avevo 20, adesso ne ho 200, ed ogni popolo fa solo mezzo chilo di miele all’anno. Però l’apicoltore non fa più nulla, va solo a raccogliere il miele. Non mette più agenti chimici, non controlla… Perché se fai come è qua da noi, è davvero un lavoraccio.” Lui mi ha detto che è la soluzione perfetta. L’unico problema è che dopo un po’ le api imparano… e vedono quando gli togli il miele. Pensano “adesso arriva a rubarmi il miele” e ti attaccano! È logico. Il primo anno mi ha detto che erano tutte tranquille, mentre dopo hanno imparato che un uomo arriva sempre nello stesso periodo e ruba.
Davide
Certo, è giusto così.
Harald
Lui ne toglie al massimo mezzo chilo ma in primavera.
Davide
Torniamo alle vacche: qual è stata la scelta e perché?
Harald
All’inizio mio papà aveva quelle mucche da latte, ma io avevo iniziato già con l’orto e già avevo visto che la mucca da latte non è il mio… Dovevo cercare un’altra cosa. Se il mio papà non riesce più o non vuole più mungere, devo cercare una soluzione, no?
Per prima cosa sono andato a Vipiteno a vedere uno che aveva le mucche Scottish Highland. Belle da vedere, ma non andavano bene. Le corna ad esempio non sarebbero riuscite ad entrare nella mia stalla. Avrei dovuto fare la porta più larga.
Dopo ho cercato su internet “piccola mucca” e ho trovato un tipo, “Dexter”: piccola, nera, rotonda, bellissima davvero! Con un amico sono riuscito a trovare un contadino della Svizzera che aveva quella razza, e in quella telefonata mi dice “ich würde es nie kaufen!”, “io non la comprerei mai”. Ma come? Ti vorrei comprare una mucca e tu mi dici “io non la comprerei mai”? Il problema di quella razza è che l’ha creata l’umano, nel 1700-800 in Irlanda. È una mucca molto piccola, però “creata”, e probabilmente ogni dieci vitelli uno è handicappato.
Poi sono andato in Germania per lo zebù nano e ho scoperto che a causa dell’umano c’è lo stesso problema: vale 5000 euro quella “originale” e 500 quella che l’umano ha incrociato con un’altra razza. Così, quella originale ha perso alcune buone caratteristiche. Ad esempio, che non devi farle le unghie: le unghie di quella selvatica cadono da sole, invece a quelle incrociate non cadono più e devi legarle alle macchine… Allora abbiamo scelto di prendere quelle piccole, selvatiche.
I venditori dalla Germania sono venuti prima a vedere come facevo la stalla. E quando ho fatto vedere il recinto mi hanno detto “no così non funziona. Devi creare un recinto alto minimo 1,40m perchè saltano come caprioli, e devi mettere i piatti di legno, perché se entrano con la testa spaccano tutto”. Io ho un piccolo maso e ho pensato a un pascolo, però non si può fare un recinto anche in montagna, non funziona!”
E mi hanno detto che non è possibile neanche con l’elettricità, che in caso deve essere largo il doppio, con quattro file, e alto 1,40 m… ci metto di più a fare il recinto io che loro a pascolare.
E in quel momento mi è venuto in mente il condizionamento di Pavlov, che ho imparato a scuola.
Petra
Provate a suonare un campanellino… arrivano tutte a reclamare il cibo…
Harald
Se funziona con il cane perchè non può funzionare con loro? Ma tutti mi hanno detto “no, sei pazzo”. I tedeschi mi hanno detto “se ti scappano, l’unico metodo è prendere un cacciatore e sparare a tutti”.
Una volta sono scappati subito. Io gli correvo dietro e vedevo che scendevano nel bosco, piangevo e pensavo “ho pagato 5.000 euro per ogni vacca e ho 6 pezzi”. Io piangevo e lei mi gridava da qua “ma porca **! Prendi il campanello!”. 20 minuti dopo erano tutti in stalla.
Adesso facciamo sempre così. Anche su al pascolo, se il recinto è rotto tutti arrivano.
Alla fine siamo tutti uguali, io ne sono convinto.
Mi viene sempre in mente quell’insegnante di religione della scuola elementare. Lei ha detto, e lo sento ancora, “fatevi sudditi della natura, perché siamo un po’ diversi da tutti gli elementi della natura, siamo gli unici che alla natura non servono”. Se togliamo l’umano il sistema funziona ugualmente, mentre se togliamo ad esempio l’albero, la natura ha un problema. Però siamo un po’ diversi, perché ogni animale ha voglia di avvicinarsi e di piacere all’umano, anche le piante, le formiche. Ciò vuol dire che siamo un po’ un’altra specie, un diamante per tutti, per questo sono convinto che noi umani avremo la possibilità di guidare la natura e in cambio la natura di lavorare per noi.
Sì certo, sempre se siamo intelligenti.
I contadini hanno paura che la natura ci mangi, da come parlano. Hanno paura della vespa, della mucca, però la natura non è da aver paura. Sarebbe da capire, da accogliere.
Per esempio, la suzuki è arrivata ed è stato un disastro. Soprattutto tutti i lamponi non erano più mangiabili. La società dei contadini ha mandato una lettera dove hanno scritto di togliere tutti i frutti selvatici, per lasciare morire di fame la suzuki. Sono andato a Bolzano e mi hanno chiesto “ma tu cosa faresti?”. “Sinceramente? Io farei così: adesso siamo così ricchi tutti noi contadini, che perdere un anno di raccolta non sarebbe una tragedia. Cent’anni fa sì, però adesso non più. Se noi lasciamo alla natura quelle vite, la suzuki esploderà perché ha da mangiare da morire, però la natura vede e provvede. Lasciamo che la natura metta in equilibrio quell’estraneo.”
“No, no, lo dobbiamo fare noi” mi risposero.
Anche le volpi, qui ce n’erano troppe. E cosa ha fatto la natura? Ha mandato una malattia e sono morte. La natura cerca sempre l’equilibrio. Logico, non in due settimane, solo l’umano pensa in due settimane… ci vogliono alcuni anni.
E io sono convinto che l’Italia sia l’unico paese del mondo che potrebbe riuscirci, perché abbiamo di tutto.
Davide
Questa è la vera dichiarazione.
Harald
Abbiamo di tutto in Italia: montagna, mare, umidità, secco…
Davide
Il sapore!
Harald
E se guardi al sapore… guardi alla natura.
Mi hanno chiesto perché negli ultimi anni, 25 anni, sono aumentate le formiche. Ho detto “forse il sole è più aggressivo”. Ma sento che loro mettono in ordine. C’è sempre più da mettere in ordine… è tutto disordinato in natura. E la formica, rigida come un militare, mette tutto in ordine.
Noi umani mettiamo disordine, e loro provano a… ricomporre. Io ho quel sentimento, sempre di più. Perché lavorano un sacco: puliscono, corrono dietro a qualcosa che per noi non è visibile. Forse neanche per loro lo è, ma sentono che c’è disordine e provano a equilibrarlo. Sono incredibili!
Petra
E comunicano! Io spesso le osservo, comunicano eh.
Harald
Sono aumentate negli ultimi anni in maniera incredibile. Anche noi qua ne abbiamo tante. Tutti i prati sono pieni! Gli stessi prati che vengono puliti da noi cinque volte all’anno… E con le macchine ogni volta che tagliamo l’erba roviniamo le loro case! Un animale intelligente direbbe “io me ne vado via, mi sposto da un’altra parte”. Ma loro no! Ricostruiscono, perché hanno la voglia o l’energia o il compito di mettere in ordine.
Davide
È molto interessante questa cosa del mettere in ordine. Sai, anche qui, la parola ordine viene da ordito, ordire. Una delle prime attività dell’uomo, oltre a quella di impastare, era quella di tessere l’ordito insieme alla trama. Fare ordine vuol dire creare tessuto, perciò la formica rimette in ordine, rimette in equilibrio…
Vedi che le parole hanno un senso se noi ne recuperiamo il senso.
Harald
A proposito di armonia. Ho un amico che non lavora da anni e mi dice sempre che devo fare come lui. Ma io sono quello che lavora, mi piace mettere le mani in pasta. Lui è un filosofo, servono anche quelli. Insieme siamo bravi!
Petra
La via di mezzo!
Harald
Due anime insieme, diventa una cosa perfetta.
Davide
Ma tutto deve trovare armonia. Se noi vediamo e pensiamo che una cosa sia inutile, rispetto al nostro concetto, vuol dire che non abbiamo guardato a sufficienza. Perché in realtà anche quello che noi pensiamo sia inutile entra dentro a un sistema. Non c’è niente di inutile. Se c’è qualcosa di inutile rispetto a una visione, rispetto a una logica, rispetto a una filosofia… Noi dobbiamo riconsiderare questo inutile, perché torniamo al discorso del giorno e della notte. L’inutile bilancia con l’utile.
Harald
Per quello penso, e hai ragione, che l’unica cosa inutile del sistema mondo-natura sia l’umano!
Davide
Sì, ma proprio perché lui, essendo una specie diversa, ha creato sistemi completamente diversi. Completamente diversi.
Harald
Però solo con l’umano il mondo diventa bello. Sì. Solo con l’umano.
Davide
Assolutamente. Pensa al poeta. Il poeta guarda e vede il mutamento di sé stesso rispetto alle cose. Infatti il poeta è simile a te. Si occupa dell’anima. Si occupa delle cose ma, in particolare, dell’anima delle cose. E perciò è attentissimo al mutamento, se è un poeta. Se no, è un versificatore.
Petra
Capito che sei un poeta?
Harald
Io non sono un poeta, io sono un contadino.
Petra
Sì che sei un poeta.
Harald
AGRICOLTORE!
(Tutti ridono)
Davide
Però è vero, è proprio l’azione dello spirito. Il contadino, anzi l’agricoltore, ha una grande dimensione poetica nel senso profondo della parola.
Non a caso, nella cultura romana qual era l’aspirazione dei filosofi, dei guerrieri, dei soldati, di tutti? Quella di uscire dalla urbs e di avere la villa per coltivare la terra. Perché l’amore è più grande lì. Pensa a Virgilio che si lamenta con Augusto perché gli portano via le terre. Pensa quanto conosceva la terra! Perché il suo capolavoro non è solo l’Eneide, sono le Georgiche! Devi leggerle. Ti renderai conto che Virgilio conosce così bene la terra, l’allevamento delle api e tutto, che può scrivere i versi di questo. Non è uno scienziato, è uno che conosce. È un vero agricoltore.
Bene, direi che ci siamo detti abbastanza!
Harald
Ma io non ti ho detto nulla di nuovo!
Davide
No, è sempre rinnovato! Sempre! Non ci diciamo nulla di nuovo, ma ci rinnoviamo! Con parole nuove!
Harald
Con te riesco! Solo con te!